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Lë bèllë cusë dë 'na vòtë

  • Radio Notting Hill
  • 19 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Le tradizioni pasquali a San Benedetto del Tronto




Lù dì de Pasqua il mare sambenedettese si colorava ancor di più degli altri giorni. Le grandi vele delle paranze, che sempre viaggiavano in coppia, venivano adornate e sfilavano lungo tutta la costa, allontanandosi un po’ dalla riva, per mostrarsi in tutto il loro splendore. Il giorno di Pasqua era molto caro ai Sambenedettesi e, proprio come le mamme vestivano a festa i loro bambini rattoppando le cazolette strappate e lavando loro il viso, così i marinai vestivano a festa le loro paranze; queste imbarcazioni dovevano essere ancor più belle, in ringraziamento del lavoro che avevano permesso di compiere durante l’anno. Lù dì de Pasqua in mare, tra le colorate vele delle imbarcazioni, sventolava anche un pennacchio bianco. Quello era il simbolo che mostrava lu parò (il capopesca) che aveva guadagnato di più e che, con questo gesto sfarzoso, voleva informare tutta la città.

Il mattino del giorno di Pasqua i marinai non si lasciavano trastullare dall’ozio che talvolta prendeva il sopravvento nei giorni di festa, anzi, si alzavano all’alba, vestivano gli abiti eleganti, si recavano sulla spiaggia e, vicino alle proprie barche, discutevano di pesca e iniziavano una delle giornate più importanti dell’anno insieme. Gli uomini di San Benedetto del Tronto con serietà e dedizione, davanti al sole nascente, sembrava non volessero perdere neppure un minuto di quella giornata. Quando il sole iniziava a levarsi, si spostavano insieme: era giunta l’ora di andare in chiesa per partecipare alla Santa Messa, con estrema devozione. I pescatori sambenedettesi rischiavano la vita ogni volta che salivano su una barca e forse anche per questo sapevano bene quanto fosse importante affidare la propria vita e quella della propria famiglia alla Vergine Santa. È anche da come venivano trascorsi questi giorni di festa che si può capire quanto la Fede degli abitanti di San Benedetto rispecchiasse una vita veramente vissuta, un reale bisogno di scongiurare la Madonna affinché proteggesse gli uomini in mare e le mogli rimaste sole con i figli a terra.

Dopo pranzo le mogli preparavano i fautte con ciambelle all’uovo, pizza col formaggio, uova sode, salame, formaggio e qualche fiasco di vino. Lungo la strada si snodava un’interminabile processione di gente che, ora a gruppi più o meno compatti, ora a fila indiana, carichi di cestini pieni di cibo e una stuoia su cui sedersi, raggiungeva la chiesetta di Santa Lucia. In termini sambenedettesi vi era l’usanza di passar l’acqua perché, per raggiungere la meta, bisognava guadare i diversi torrenti che si incontravano lungo il tragitto. Qua è là, nei verdi prati del colle attorno al tempietto della martire siracusana, alcuni intonavano stornelli, accompagnati dal suono delle fisarmoniche. Benedetto Lagalla (1849-1923) scrisse un poemetto dedicato alle quattro stagioni a San Benedetto. Leggendo questo piccolo stralcio dove si parla della chiesetta di Santa Lucia e della tradizionale scampagnata sul colle, è come se si sentissero ancora gli schiamazzi e le risate dei Sambenedettesi in questo giorno di festa.

“Poco lungi dal Borgo e dal mare, sovra colle ameno e di dolce declivio, sorge un umile Tempietto, sacro alla Siracusana Vergine santa. Quivi, il pomeriggio del dì che del Risorto Redentore si celebra la festa, in frotta muovono i paesani a venerar la santa, ma più, o mondo! Mondo! A darsi giòlito. È questa l’ora a conoscer propizia le femminili beltà ond’è ricca questa terra. Giunti, adunque, i borghigiani al loco della festa, si spargono pel colle e a gruppi siedono, a merendare, sovra il verde prato fragrante di viole e margherite.”

Le tradizioni sambenedettesi caratterizzavano anche i giorni successivi alla Pasqua.

Il lunedì dell’Angelo era di meta il tempio di San Basso di Cupra Marittima e il martedì era il turno della chiesetta di San Francesco di Paola.

Gli abitanti di San Benedetto, sull’esempio dei loro padri, hanno avuto in eredità la forte devozione per il Santo Francesco di Paola, patrono dei marinai, originario di Cosenza. La devozione a questo Santo è molto antica. Da sempre i Sambenedettesi lo hanno invocato affinché venisse in soccorso delle proprie vite e delle proprie imbarcazioni, il più delle volte preda della furia del mare; ma San Francesco veniva invocato anche a terra da parte dei parenti dei marinari, nei giorni di burrasca o con il mare grosso.

A San Francesco si andava la mattina presto per la Santa Messa e nel primo pomeriggio per la consueta scampagnata. La campagna attorno alla chiesa si popolava d’un tratto: comitive si stendevano sull’erba con il fiasco di vino, bomboletti di mare, uova sode, la gazzosa ed altre pietanze doverosamente portate da casa. C’era aria di festa e di familiarità. Poi, iniziavano i bei giochi di una volta, come il palo della cuccagna e i suoi ambiti premi.

Con il passare del tempo queste usanze sono state dimenticate. L’intento oggi è quello di restituire al popolo sambenedettese una tradizione che negli anni addietro ha segnato molte generazioni della città. Crediamo fermamente che donare dei momenti conviviali così sia di vitale importanza per riscoprire le nostre tradizioni e per riacquisire una concezione di comunità cittadina.


Chiara Urriani e Paola Deantoni, di Radio Notting Hill

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