La croce e il fucile: Bisagno, partigiano di Cristo
- Radio Notting Hill
- 3 mag
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Ogni anno, a ridosso della commemorazione del 25 aprile, i Media ci incalzano raccontandoci una versione rimaneggiata della Liberazione Italiana. Ci raccontano, sì, di una Resistenza formata da partigiani eroici di tutti gli schieramenti politici, ma soffermandosi quasi esclusivamente su figure che sono appartenute a partiti ben specifici, come Parri ("Unità Popolare").
Sembra quasi una scelta voluta quella di tenere in ombra le azioni altresì decisive di combattenti della Resistenza di indole apertamente cristiana.
Questa narrazione della Libertà in chiave socio-comunista non fa altro che alimentare quell'opinione tanto popolare quanto falsa riguardo alla Chiesa e al suo presunto appoggio alle atrocità fasciste.
Pertanto, per mettere un po' di luce su questo calderone ideologico voluto dai Media, vogliamo parlarvi di una figura decisiva per la Liberazione Italiana caratterizzata da una forte natura cattolica: Aldo Gastaldi.
Nato il 17 settembre del 1921 a Genova, durante la Seconda Guerra Mondiale viene chiamato alle armi nel 15esimo Reggimento Genio, a Chiavari, sempre in Liguria. Alla notizia dell'armistizio (8 settembre 1943), senza indugiare sale in montagna, dirigendosi a Cichero, piccola località genovese e lì, grazie al suo carisma contagioso, fonda il primo nucleo della divisione partigiana che sarà la più temuta dell'intera Liguria: la Divisione Cichero.
Da qui in poi si articolano le molte imprese eroiche compiute da Gastaldi in difesa della Libertà italiana che porteranno alla sua prematura morte il 21 maggio 1945, per un incidente automobilistico.
La mera biografia di quest'uomo e il merito militare che gli permetterà di essere riconosciuto a distanza di decenni come il “primo partigiano italiano”, non sono che la cornice di un qualcosa di più profondo. La vera essenza di Bisagno (questo era il suo nome di battaglia) è la dedizione con cui ha innalzato la propria fede durante i moti partigiani, conosciuti per gli orribili fatti di cui si sono macchiati molti dei loro protagonisti.
Formata la Divisione Cichero, redige il famosissimo "Codice di Cichero", un insieme di regole morali che deve essere rispettato da ogni suo uomo. Fa ciò per evitare che la sua Divisione si macchi di quelle barbarie che da lì a pochi mesi sarebbero state compiute in Italia dalla Resistenza, come le più che sommarie e approssimative stragi di pseudo-fascisti, spesso causate dalla volontà di regolare conti politici e personali.
"Il capo viene eletto dai compagni, è il primo nelle azioni più pericolose, l'ultimo nel ricevere il cibo e il vestiario, gli spetta il turno di guardia più faticoso; alla popolazione contadina si chiede, non si prende e possibilmente si paga o si ricambia quel che si riceve; non si importunano le donne; non si bestemmia".
Leggendo questa citazione riportata si può comprendere la singolarità di questa figura. Gastaldi è stato uno dei pochi comandanti partigiani ad anteporre l'umanità alla politicizzazione dell'ideale di Resistenza che, come già accennato, nel giro di pochi mesi portò a uno sgretolamento dell’originale intento partigiano e all'avvento di azioni orribili. Scrisse ad un suo amico:
“Ci siamo accorti che il metodo fascista nelle nostre file non è morto; ci siamo accorti che il fascismo rivive sotto altri nomi, ci siamo impegnati di condurre a fondo la nostra lotta contro tutto ciò che è falso, che è sgradevole, disonesto, ingiusto. Per combattere il falso, lo sgradevole, il disonesto, l’ingiusto, è necessario essere leali, onesti e giusti”.
L'umanità di Bisagno non si limitava alle parole, ma andava oltre, operava anche con i fatti.
Nei confronti dei nemici Gastaldi è sempre stato estremamente misericordioso. Evitò addirittura le fucilazioni delle Brigate Nere, commentando così: “Io non sono d’accordo di fucilare un fascista solo perché è fascista” .
Insomma, l'arma con cui combatteva era più forte del ferro, più efficace del fucile: la Fede, una fede più che sincera.
Per queste sue idee, subì inevitabilmente una "persecuzione interna" tra le fila partigiane, ma ad ogni accusa che gli veniva fatta lui rispondeva prontamente: "Io morirò per la mia fede".
La convinzione con cui Bisagno ha vissuto il Cristianesimo in un periodo tanto scosso a livello umano, ideologico e soprattutto politico è stata riconosciuta dalla Chiesa, che, in un primo momento lo ha nominato Servo di Dio e poi, nel 2019, ha aperto un processo di beatificazione in suo nome.
Queste sono le parole contenute in una lettera da lui scritta al padre:
“Sono riuscito a comprendere che la mia vita non devo viverla solo per me, ma è come quella di un albero che, per diversi anni, ha strappato fatiche al giardiniere. Ora che è il momento del frutto, non è sua facoltà, ma suo dovere fruttare”.
Edoardo Vagliani, di Radio Notting Hill
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