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Responsabilità e memoria, una lettera da Madrid

  • Radio Notting Hill
  • 15 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

L'undici marzo del 2004 a Madrid avveniva un attentato terroristico nei pressi della stazione di Atocha, in questa tragedia morirono 193 persone, di cui due donne incinte, e rimasero ferite più di 2000 persone.

Riportiamo una testimonianza che compariva nel nostro giornale "Vivere e non Vivacchiare" nell'aprile di 21 anni fa.




"È Madrid che piange

Ho ricevuto questa mail da Paola Portu, che sta passando un periodo di studio a Madrid in Spagna. E’ stata testimone degli avvenimenti drammatici e luttuosi di poco tempo fa. E’ una testimonianza di quel che accade in giro e che spesso non ci passa tanto lontano e che anzi ci riguarda sempre in prima persona, perché ognuno di noi vive in questo mondo e di questo mondo ha, in qualche modo, una responsabilità".

Marco Sermarini


"Caro Marco,

l’attentato è stato qualcosa che mi ha toccato tantissimo. La stazione di Atocha dove sono morte più persone, la frequento molto spesso e il giorno prima c’ero stata per un sacco di tempo… E' una stazione stupenda, tutta colorata e col giardino botanico. Sono morti tre amici dei miei coinquilini. Ho il cuore in gola. L’altro giorno in ricordo dei morti è stata celebrata una Messa nell’Almudena. Era così piena, c’era così tanta unione… Sinceramente mi hanno commosso i madrileni per la loro unione, per tutta la solidarietà e umanità che hanno dimostrato e stanno dimostrando. A donare il sangue per strada eravamo una coda di 7 ore, però ti giuro che nessuno si è mosso per andarsene, la fila cresceva come le candele e i fiori per le strade… Alla Plaza del Sol, che è la piazza principale di Madrid, ci sono migliaia di candele, messaggi, fiori, foto, e in grande c’è scritta la canzone ‘Signor fammi strumento di tua pace… dove c’è odio fa che io porti Amore…’ : mi ha provocato una stretta al cuore. Come alla manifestazione alzavano le mani dipinte di bianco in segno di purezza, a differenza dei terroristi che le hanno macchiate di sangue. C’era una pioggia fortissima e loro gridavano forte: ‘non sta piovendo è Madrid che sta piangendo…"

Paola Portu, Madrid


Abbiamo deciso di riportare questo articolo perché ci ha colpito la riflessione proposta da Marco Sermarini, in particolare per il modo con cui sottolinea che ognuno di noi ha una responsabilità personale nei confronti del mondo. Naturalmente, non si riferisce a una responsabilità di tipo filantropico o astratto, ma a una responsabilità concreta e tangibile.

Quello che pensiamo è che, se una persona desidera davvero la pace nel mondo, non può prescindere dall’amare il prossimo. Senza questo presupposto non si può ottenere nulla. Anche i gesti più eclatanti, compiuti magari davanti ai riflettori da figure importanti e famose, sono vani se non si comincia dal costruire una comunità nel proprio quotidiano.

In sostanza, se una persona si impegna nel suo piccolo a costruire relazioni autentiche con chi le sta vicino — i propri amici, vicini, conoscenti — sta già adempiendo alla propria responsabilità verso il mondo. Il sogno di una comunità mondiale unita e in pace non potrà mai realizzarsi se non siamo capaci, prima di tutto, di creare comunità reali e concrete attorno a noi.


Riccardo Pellei, di Radio Notting Hill

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