Storia di un martire moderno: Bobby Sands
- Radio Notting Hill
- 14 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Immaginate come ci si può sentire nudi, rinchiusi per ventiquattro ore al giorno in una cella d’isolamento, sottoposti alla totale privazione non solo delle cose ordinarie di tutti i giorni, ma delle fondamentali necessità umane come vestiti, l’aria fresca, l’esercizio fisico, la compagnia di altri esseri umani. In altre parole, immaginate di essere sepolti, nudi e solo per un giorno intero. Come sarebbe per venti strazianti mesi?
Così scriveva Bobby Sands, dalla sua cella del blocco H del penitenziario di Long Kesh, a Belfast.
La storia che vogliamo raccontarvi oggi riguarda questo giovane eroe che diede la vita per la propria libertà e quella dei suoi compagni. Nell’Irlanda del 1980, circa 500 repubblicani furono fatti prigionieri dagli inglesi, incarcerati in condizioni inumane. “Il fetore e la sporcizia delle celle, con rimasugli di cibo avariato e di escrementi spalmati sulle pareti, era qualcosa di indescrivibile”, così il Cardinale Tomàs O’Fiaich definì la situazione nella quale vivevano i detenuti dopo aver visitato le mura di Maze, il carcere.
Le autorità dichiaravano di comportarsi con i prigionieri repubblicani al pari di tutti gli altri quando era evidente il diverso trattamento a partire dalle modalità di arresto, dagli interrogatori, fino ai processi nelle Diplock Courts (corti senza giuria).
Come si colloca Sands in questa parte di storia irlandese?
Bobby Sands era un attivista e politico nordirlandese che aderì all’ esercito repubblicano irlandese (IRA) all’età di soli 18 anni, pochi mesi dopo la strage del Bloody Sunday.
Fu arrestato poco tempo dopo per possesso di arma da fuoco. Trascorse 3 anni in prigione con lo status di prigioniero politico, dopo soli 6 mesi dal suo rilascio venne nuovamente arrestato insieme ad altri 3 volontari dell’IRA in seguito ad un attacco a Dunmurry. Vennero condannati a 14 anni di reclusione, stavolta senza lo status politico. Le celle del penitenziario, nei blocchi H, divennero dei veri e propri campi di battaglia, Sands diresse lo sciopero del 1980 e si offrì come volontario per l’hunger strike dell’anno successivo. Da quel momento iniziò a rifiutare il cibo.
Poche settimane prima della morte i nordirlandesi riuscirono a farlo candidare e a farlo eleggere al Parlamento del Regno Unito. Dopo 66 giorni dall’inizio dello sciopero, il 5 maggio 1981, all’1:17 del mattino terminò la sua battaglia nell’ospedale del carcere, aveva solo 27 anni.
Fu il primo degli hunger strikers detenuti negli H-blocks a sacrificarsi dando la propria vita per la causa in cui credeva.
La sua morte portò alla luce la cosiddetta Dirty War, mostrando agli occhi dell’opinione pubblica internazionale cosa stesse accadendo.
Oltre 100.000 persone parteciparono al funerale di quello che è diventato uno dei simboli della resistenza contro il dominio Britannico, ma soprattutto, contro gli orrori delle carceri, le torture e le violenze dei secondini nei confronti di questi prigionieri.
L’allora primo ministro britannico Margaret Tatcher, lo definì semplicemente come “un criminale che aveva scelto di togliersi la vita”.
Durante la prigionia Sands riuscì a produrre una grande quantità di memorie scrivendo su pezzi di carta igienica e cartine per sigarette, nascondendo una piccola penna nel suo corpo, riuscendo persino a farsi pubblicare su un giornale con lo pseudonimo “Marcella”, che corrispondeva al nome di sua sorella.
Bobby Sands è un personaggio di storia di gente viva, che non si lascia sottomettere dal pensiero comune e dal potere più forte. Ha cercato con la sua vita, ma anche dopo con la morte, di difendere la sua libertà e di quella di chi la pensava come lui.
In un mondo in cui vogliono anestetizzare il nostro pensiero dovremmo anche noi, come lui, difendere le nostre idee per non essere un altro prodotto anestetizzato della società.
Flavia Graci e Martina Giustozzi, di Radio Notting Hill
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